Possibile che in Italia nessuno si sia ancora accorto del floss?
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Oggi nulla di tecnico, esaminiamo il caso Wikipedia per allargare il discorso all’open source e alle comunità.
Com’è noto, Wikipedia non presenta alcun tipo di pubblicità fra le sue pagine, neanche veicolata. Questo è un gran vantaggio per l’utente, ma si traduce in uno svantaggio in termini di guadagno per chi costruisce Wikipedia. E allora come fa a “stare in piedi” tutta la struttura? Chi paga lo spazio web? La risposta è semplice: gli utenti di buona volonta che, mano alla carta di credito, decidono di donare parte del loro patrimonio alla omonima associazione filantropica, la Wikimedia Foundation.
Wikipedia è il più evidente progetto che provi che l’unione fa la forza. Si è raggiunta l’eccellenza in pochi anni (ricordo ancora quando gli articoli erano pochissimi e frammentari) e ancora vengono aggiunte, controllate, anche eliminate voci enciclopediche ad un ritmo serratissimo, coinvolgendo milioni di persone di tutto il mondo. Come recitava un famoso slogan apparso fra le pagine di Wikipedia “Quando hai bisogno Wikipedia c’è sempre, ora è lei ad aver bisogno di te, dai il tuo contributo” è necessario che tutti contribuiscano, nei modi più disparati, all’avanzamento del progetto o morirà. Trovo Wikipedia un progetto meraviglioso, un progetto slegato dalle aziende e dagli interessi di terzi, un progetto libero e collaborativo, un progetto che comunque non ha niente da invidiare (semmai il contrario) alle enciclopedie riconosciute.
La stessa filosofia di Wikipedia venne adottata anni prima che venisse fondata dal mondo open source. Uno degli slogan dell’open source è appunto “Free as in freedom, not as free beer“, fugando ogni dubbio sulla connotazione della parola “free“, che in inglese significa sia “libero” che “gratuito“. In breve il software libero si avvale della collaborazione di chiunque voglia contribuire al dato progetto, dalla richiesta di nuove caratteristiche, alla stesura del codice, alla correzione di bug, ai tester, traduttori e chi più ne ha più ne metta. Tutta gente che non viene pagata e svolge questo lavoro per passione, perché è appagante essere utile a qualcun altro, essere parte di una comunità potenzialmente infinita in cui tu hai uno scopo che ti sei scelto. Proprio in questo primo discorso rientra il progetto “Ardour“. Ardour è un sequencer DAW inizialmente sviluppato esclusivamente per Linux, portato a seguire anche a Mac OS X. Non è prevista una versione per Windows. Ardour conta nel suo team di sviluppo cinque ingegneri informatici, che si danno un traguardo mensile di 4.500 dollari, uno stipendio appena sufficiente per farli campare, senza dubbio inferiore rispetto all’income della Steinberg o della Ableton che devono sfamare svariati dipendenti, ma totalizzano un migliaio di euro circa ogni volta che viene venduta una copia di Cubase o di AbletonLive.
Ed è proprio questa la prova che il capitalismo è il vero motore del mondo, senza i soldi non vai da nessuna parte, e l’open source non ha ancora trovato una formula certa per autofinanziare i suoi progetti. Un po’ è anche per questo che i software di grafica (cito PhotoShop, il più famoso) sono effettivamente più avanzati rispetto alle alternative open source come Gimp o Krita: gli sviluppatori di PhotoShop dedicano tutto il loro tempo lavorativo alla scrittura del software, quelli di Gimp dedicano qualche ora se va bene del loro tempo libero.
In controtendenza sono invece Canonical e Red Hat. Si tratta delle due aziende contribuenti per la maggior parte (li chiamerei addirittura “mantainer“) al finanziamento dei rispettivi software open source “Ubuntu” e “Fedora“. Queste due aziende hanno deciso di rilasciare il proprio lavoro sotto licenza open source, si avvalgono della collaborazione di tutti i volontari e i frutti del lavoro sono disponibili a tutti. Inoltre sostengono finanziariamente i rispettivi progetti e sviluppano a loro volta dei tool per migliorare le proprie distribuzioni rilasciandoli sempre sotto licenze open source. Il risultato è un software usabile, semplice come Windows se non di più (lo cito per essere il più famoso), sicuro molto più di Windows, ma non pubblicizzato. Le aziende Canonical e Red Hat (in questo caso) vivono di fornitura di servizi, non di prodotti o software, e i proventi non sono ovviamente sufficienti per pubblicizzare massicciamente il prodotto come ad esempio viene pubblicizzato Windows (per ogni computer venduto Microsoft guadagna 200 euro circa, Canonical nulla).
Il software open source è arrivato da anni ad un punto tale da poter essere utilizzato sia dal programmatore esperto, che dall’impiegata contabile non più giovanissima che fino a ieri non sapeva la differenza fra lo schermo e il computer. L’unico veicolo veramente valido per la diffusione dell’open è la scuola. La scuola di oggi forma i lavoratori di domani, che se non faranno gli ingegneri saranno comunque dei consumatori. È da qui che deve partire lo stimolo per creare. E io mi rivolgo alla pubblica amministrazione ed al Governo. Possibile che nessuno in Italia si sia ancora accorto del FLOSS?
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